giovedì 25 febbraio 2016

Pellegrino di giustizia e riconciliazione in Messico

Riflessione sul recente pellegrinaggio di Papa Francesco  

“Voglio dire una cosa, una cosa giusta, sul popolo messicano. E’ un popolo di una ricchezza, di una ricchezza tanto grande, è un popolo che sorprende… Ha una cultura, una cultura millenaria…Voi sapete che oggi, in Messico si parlano 65 lingue, contando gli indigeni? 65! E’ un popolo di una grande fede, anche ha sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri – adesso ne canonizzerò due o tre – E’ un popolo, non lo si può spiegare. E un popolo non lo si può spiegare semplicemente perché la parola “popolo” non è una categoria logica, è una categoria mistica.” (Papa Francesco, conversazione con i giornalisti sul volo di ritorno dal Pellegrinaggio in Messico).

La “categoria mistica” del popolo può spiegare bene il senso del pellegrinaggio di Papa Francesco in Messico. Il Pastore universale cammina con il suo popolo, lo difende, lo incoraggia, si mette alla sua teste e, quando occorre, sta nel mezzo per condividere fino in fondo le sue sofferenze. E' la croce infatti l’altra categoria mistica attraverso la quale possiamo vedere più in profondità questi giorni così intensi. 

Quando riflettiamo sulla Croce, dobbiamo liberarci da un condizionamento spiritualistico che la colloca quasi fuori dal mondo, mentre essa e’ una forza di distruzione di tutto ciò che appartiene ai poteri di questo mondo. Gesù sulla Croce ha distrutto in sé l'inimicizia, ha distrutto gli steccati che separano gli uomini e ha distrutto ogni pretesa degli uomini di dominare gli altri uomini e le loro culture.

Papa Francesco pellegrino in Messico non annuncia solo  la giustizia ma, proprio come Gesu', cerca di realizzare le condizioni per la giustizia, con una parola chiara e "distruttiva". L’annuncio della giustizia non basta piu’; bisogna sostenere le  esperienze di abbattimento di tutti i muri, perche’ solo da lì si puo’ ricostruire. Chi innalza muri non è cristiano ha ancora affermato il Papa sul volo aereo.

Ecco allora Francesco in Chiapas, una  terra dove vivono dodici etnie e piu’ della meta’ della popolazione e’ cattolica. Una terra povera e spesso dimenticata, che non ha mai smesso di lottare per la giustizia e il riscatto sociale, con il sostegno in particolare di un suo grande pastore - il vescovo Samuel Ruíz García per piu’ di 40 anni  amatissima guida del suo popolo e anche grande punto di riferimento nella trattativa tra  il  sub-comandante Marcos, l’esercito zapatista e il Governo messicano. Il  Papa in ginocchio sulla sua tomba interpreta la richiesta di perdono della Chiesa e oltre la Chiesa per questo popolo troppo spesso dimenticato.

Poi Papa Francesco è arrivato  a Ciudad Juarez, al confine con gli Stati Uniti, di fronte alla città texana di ElPaso, tristemente famosa per il narcotraffico, lo  sfruttamento sessuale e il dramma dell'immigrazione dal Centroamerica.  Il Papa ha visitato anche il terribile carcere  di Cereso, e incontrato il mondo del lavoro per poi celebrare la Messa con i migranti proprio vicino al muro  della  frontiera. Demolire i  muri materiali e sociali per costruire ponti di un futuro diverso e piu’ umano per tutti e’ responsabilita’ e urgenza per tutti noi. Innalzare nuovi muri è una illusione della storia.

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