lunedì 22 febbraio 2016

La preghiera, forza che trasforma

Pensieri sulla Trasfigurazione del Signore
Don Francesco Pesce

Il racconto della Trasfigurazione segue il primo annuncio della Passione. Il Figlio dell'uomo dovrà soffrire molto, essere escluso venire ucciso. Questa è spesso anche l’avventura di ogni cristiano. Non mancano nella vita lunghi momenti di buio; il Signore però ci invita a guardare a Lui: "Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti” (Salmo 33). La Trasfigurazione non e' soltanto un anticipo del Mistero della Gloria di Dio, ma anche la nostra quotidiana certezza che Dio è sempre con noi, specialmente nei momenti della tristezza, del buio e della sofferenza.

Dice il Vangelo che Gesù sale sul monte per pregare, e "mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto (Lc 9,29).

La preghiera cambia la vita, fa vedere in profondità, oltre il velo, oltre le lacrime; la preghiera asciuga il volto e lo trasforma in un volto sorridente, trasfigurato perche' e' intima relazione con Dio, e' porsi in ascolto e dialogo con Lui. L’uomo antico conosceva l'importanza della preghiera, anche se a volte essa sfociava nella superstizione e nella magia. L'uomo dell'antichita' era un uomo di profonda spiritualità. L’uomo moderno invece spesso è un uomo solo che programma; programma bene il tempo e lo spazio, ma non prega più. Dobbiamo stare tutti attenti a non togliere dalla nostra vita, questa dimensione essenziale della nostra natura, prima ancora che della nostra fede.

E’ bello pregare, è bello stare qui dice Pietro (Lc 9,33). Dobbiamo recuperare la bellezza delle fede e del Vangelo, la Buona Notizia di Gesù. Dobbiamo recuperare la dimensione spirituale, trascendende ed escatologica della fede. Un Cristianesimo ridotto ad ideologia o peggio ancora ad ossessione moralista  non è autentico, non ci trasforma da dentro e non ci trasfigura all'esterno, non ci pone sul cammino verso la salvezza in Cristo, alleandosi spesso con il potere di turno e riducendo i discepoli a servi sciocchi di un padrone.

Nell'ultimo Angelus di domenica 6 agosto 1978 che non poté leggere, il "Papa della Trasfigurazione" - il beato Paolo VI - scriveva: “La Trasfigurazione del Signore… getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto in sé adombra. Sulla cima del Tabor, Cristo disvela per qualche istante lo splendore della sua divinità, e si manifesta ai testimoni prescelti quale realmente egli è, il Figlio di Dio, «l’irradiazione della gloria del Padre e l’impronta della sua sostanza» (Cfr. Hebr. 1, 3); ma fa vedere anche il trascendente destino della nostra natura umana, ch’egli ha assunto per salvarci, destinata anch’essa, perché redenta dal suo sacrificio d’amore irrevocabile, a partecipare alla pienezza della vita, alla «sorte dei santi nella luce» (Col. 1, 12). Quel corpo, che si trasfigura davanti agli occhi attoniti degli apostoli, è il corpo di Cristo nostro fratello, ma è anche il nostro corpo chiamato alla gloria; quella luce che lo inonda è e sarà anche la nostra parte di eredità e di splendore. Siamo chiamati a condividere tanta gloria, perché siamo «partecipi della natura divina» (2 Petr. 1, 4). Una sorte incomparabile ci attende, se avremo fatto onore alla nostra vocazione cristiana: se saremo vissuti nella logica consequenzialità di parole e di comportamento, che gli impegni del nostro battesimo ci impongono”. 

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