domenica 31 gennaio 2016

Famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa?

"'Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?' Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: 'Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre'” (Mc 3,33-35).

Questi versetti del Vangelo di Marco sembrano adatti a una breve riflessione sulla famiglia, in questi tempi di grandi trasformazioni, che per noi cristiani aprono nuovi spazi di carità. Proviamo a rispondere  a tre domande che possono essere orientative.

Come si costruisce una famiglia cristiana?

Non basta certamente celebrare il sacramento, come l’evidenza ci mostra, ma occorre rispondere alla vocazione, compiendo la volontà di Dio. La volontà di Dio è che ognuno sia felice insieme agli altri e possa vivere su questa terra pregustando l’amore di Dio nell’attesa di poterLo un giorno incontrare. Gesù ci ha consegnato anche lo strumento per vivere felicemente, le Beatitudini. Chi vive le Beatitudini contribuisce a costruire rapporti di fraternità, la famiglia umana e un mondo dove non ci sono schiavi o servi di nessun padrone, ma solamente figli e fratelli. 

Famiglia "cristiana", che cosa dici di te stessa?

Nessuno può mettere in dubbio la bellezza della famiglia così come l'annuncia la Chiesa. Questa famiglia "cristiana" ha contribuito non poco al bene della società e a alla storia dell'umanità. Ora vediamo che le istituzioni scricchiolano, che ciò che prima erano le nostre sicurezze e i nostri legami vacillano, e gli stessi sentimenti cercano nuove forme di espressione. In tutta questa trasformazione, dove e come si colloca la famiglia cristiana? I fondamenti della famiglia cristiana non sono scritti nelle tavole di pietra della legge, ma come ha detto Gesù la legge dello spirito è scritta nelle "tavole dei nostri cuori". Per questo, soprattutto oggi, con la forza dello Spirito la famiglia cristiana può essere un efficace testimone della bellezza, dell'altezza e della profondità della sua vocazione. Con queste premesse, poniamo i una domanda: famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa? Facci vedere tu la bellezza e l'originalità della tua chiamata, facci gustare la presenza del Signore in mezzo te. Questo è quasi un appello silenzioso che il mondo fa alla Chiesa. Il problema è che spesso anche le famiglie cristiane hanno perso il "sapore del sale", non sono più "lievito" nella farina della storia, non sono più luce che illumina il cammino....È un tradimento non solo della natura ma anche del Vangelo il tasso di natalità che si avvicina allo zero nel nostro Occidente, culla della Cristianità. 

Allora cosa può fare la famiglia cristiana? 

Queste e altre contraddizioni devono essere sanate affinché la famiglia cosiddetta cristiana torni ad essere credibile, testimone coerente, modello da proporre e "strategia di promuovere". Una famiglia cristiana non può essere chiusa in se stessa o nel proprio movimento di appartenenza - è  per definizione "famiglia in uscita". Non può avere paura e anzi sente l'urgenza "missionaria" di vivere in mezzo e di confrontarsi con altre scelte di vita - che sono semplicemente un fatto della società moderna - avendo come unico ma efficace mezzo di evangelizzazione la testimonianza. Questa è la via per "difendere" la famiglia. 

Concludiamo questa riflessione citando una parte dell'introduzione che don Primo Mazzolari scrisse in quel famoso testo che è "Anche io voglio bene al papa" .

[...]Della maniera di voler bene chi ce ne può far colpa? Si ama col cuore che si ha, se uno ce l’ha. E a prestito di cuore è inutile andare. L’olio della lampada nessuno mai l’ha imprestato. Neanche le Vergini sagge, che pur dovevano avere molta carità.[...]

A God Who accepts us as we are

Homily of the Forth Sunday per Annum
Fr. Francesco Pesce 

It is not always easy to believe in the God of Jesus Christ. Sometimes it is easier to believe in a God that "distributes miracles", a God whose love we need to deserve rather than a God that accepts us for whom we are.

Jesus, on the contrary, invites us to look at things more deeply and to see better. Our God is one that walks with us, that gives His help to a foreign widow in Zarephat, and that heals lepers. A God that walks with us daily and that does not look at our merits or memberships, but at our needs and, most importantly, a God that accepts and loves us the way we are.

Believing in a God that first looks at our merits or memberships results in representing a Church that defends itself, that excludes those without or with just a few merits to show off; a Church that becomes an elitarian and closed institution that does not receive nor attracts anybody but a few "elected". A Church that is not able to influence everyday life, which passes just to the ring road of our lives, stopping in TV programmes or in the lobbies as appropriate.

On the contrary, believing in the God of Jesus Christ, who first of all look at our weaknesses and needs, translates into building "a Church which goes forth", where pastors have the smell of the sheep (not only of the incense), and where no one feels excluded or left behind.

Around Jesus there have always been and yet there are groups of fanatical and violent people and also extremists that use religion and the Church for their own interests. Pope Francis knows this very well and recently warned against the fact that there are people that do not serve the Church but use the Church for their own interests.

This passage of the Gospel - "But he passed through the midst of them and went away" - represents an extraordinary warning to all of us and for the whole Church. Jesus passes over, He leaves. He leaves when faith joins forces with power; He leaves when clericalism prevails over the people of God and the Gospel. He leaves when the Gospel is reduced to the moral law and it is not its foundation, or when you defend abstract principles and concrete privileges instead of understanding and accompanying ordinary situations.

The Lord goes towards and remains where faith is simple and sincere; where hope is not rhetoric, but confident expectation of a promise that will be fulfilled; and where the charity is sensitive to the cry of the poor and reaches out to every brother, without judgment, pre-condition, or "preference of people."

Un Dio che ci accoglie così come siamo

Omelia della IV domenica del Tempo Ordinario 
Don Francesco Pesce 

Non è sempre facile credere al Dio di Gesù Cristo. A volte è più facile credere a un dio che distribuisce miracoli, a un dio da meritare più che da accogliere.
Gesù ci invita invece ad allargare lo sguardo, ci invita a vedere meglio; ci parla di un Dio che cammina di terra in terra, che a Zarepta soccorre una vedova straniera, che in Siria guarisce  dei lebbrosi. Un Dio che cammina quotidianamente con noi, nell'ordinario e che non guarda prima di tutto i nostri meriti o le nostre appartenenze, ma ai nostri bisogni e ci ama per quello che siamo.
Credere in  un dio che guarda prima di tutto i meriti o le appartenenze ha come conseguenza rappresentare una Chiesa che si difende, che esclude chi non ha meriti da vantare, o chi ne ha pochi; una Chiesa che diventa una elite, una struttura chiusa che non accoglie come non affascina se non pochi eletti. Una Chiesa che non incide nella realtà quotidiana, che passa solo per la tangenziale delle nostre vite, fermandosi all'occorrenza nei salotti televisivi e nelle lobby.
Credere invece al Dio di Gesù Cristo che guarda prima di tutto alle nostre debolezze e ai nostri bisogni si traduce  nel costruire "una Chiesa in uscita", dove i confini sono il mondo, dove i pastori hanno l’odore delle pecore non soltanto dell’incenso, e dove nessuno si sente escluso o abbandonato.
Attorno a Gesù ci sono sempre stati e ancora ci sono gruppi di fanatici, violenti e integralisti, che usano la religione e la Chiesa per i propri interessi. Lo sa bene e lo ha ricordato recentemente anche Papa Francesco - alcuni non servono la Chiesa ma si servono della Chiesa per i loro interessi.
Questa frase del Vangelo - «passando in mezzo a loro si mise in cammino» (Lc 4,30) - rappresenta uno straordinario monito per tutti noi e per tutta la Chiesa. Gesu' passa oltre, se ne va. Se ne va, quando la fede si allea con il potere. Se ne va,quando il clericalismo prevarica sul popolo di Dio e sullo stesso Vangelo. Se ne va, quando il Vangelo è ridotto a legge morale e non ne è il fondamento, o quando si difendono principi astratti e privilegi molto concreti invece di comprendere e accompagnare situazioni ordinarie molto concrete.
Il Signore va verso e rimane dove la fede è semplice e sincera; dove la speranza non è retorica, ma attesa fiduciosa di una promessa che si compirà; e dove la carità ascolta il grido del povero e tende la mano ad ogni fratello, senza giudizio, condizioni o "preferenza di persone".

lunedì 25 gennaio 2016

Cattolici ed Ebrei,quale futuro?

Incontro presso la parrocchia Santa Maria ai Monti in Roma stasera 25 gennaio ore 18:45. 

In prossimità della settimana per il dialogo ebraico-cristiano e dopo la storica visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma, la parrocchia ha pensato questo spazio di comunione e riflessione sulle relazioni tra cattolici ed ebrei. Intervengono don Giuseppe Pulcinelli, biblista e docente presso la Pontificia Universita Lateranense e la Pontificia Universita Gregoriana e responsabile per i rapporti con l’Ebraismo nella Commissione Diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo, e il Signor Ambasciatore Emilio Barbarani, cultore della materia e amico della Comunità Ebraica di Roma. Modera il Dottor Luigi Accattoli, giornalista vaticanista, e introduce e conclude il parroco, don Francesco Pesce. 




domenica 24 gennaio 2016

Let us announce and take the Gospel to the poor

Homily of the Third Sunday per Annum
Fr. Francesco Pesce

That Saturday at the Synagogue, Jesus took the scroll of the Prophet Isaiah and as the Greek text says, he found that passage after he had looked for it. In fact, the Greek verb is eurisko - from which the well known exclamation eureka! comes from. Jesus perhaps chooses a passage that was not expected to be read and instead He looks for and then finds purposedly to read it at that time.

It is Chapter 61 of the Prophet Isaiah:

"The spirit of the Lord GOD is upon me,
because the LORD has anointed me;
He has sent me to bring good news to the afflicted,
to bind up the brokenhearted,
To proclaim liberty to the captives,
release to the prisoners".

What is this "good news" Isaiah refers to and Jesus echoes? The "good news" that the poor are waiting for (the poor are again the first ones this joyful announcement is addressed to) is the end of poverty. The prisoners await liberty, the blind are hoping to be able to see, and the oppressed desire to be relieved from their burdens.

In our world, we are witnesses (or often rather "willing" or "unarmed" spectators), to the many forms of poverty (material, moral, spiritual) injustice, abuse, disability, vulnerability...We ourselves, in our own lives, have our poverties too. We are prisoners of so many things and we are oppressed in some part of our hearts. But, as Isaiah predicted and Jesus reminded us: "Be strong, do not fear! Here is your God...he comes to save you." (Is 35) and "the truth will set you free.” (John 8,32). That salvation, that truth is actually the Lord Jesus, who is the fulfillment of Scripture, namely the realization of the "good news". Therefore, it is important for all of us to have consciousness, to be sure that there is a reference point, a "Polar Star" to look at. We need to be aware that we walk across a path already traced and - using again Isaiah's words - "smoothed out" by the Lord in the desert, sometimes the desert of our lives, our societies....We need to keep our eyes on him and follow him, by being led by the Holy Spirit, while being confident that we will not lose the way. Many times we look for something but we cannot find it (e.g. the solution to a certain problem, the answer to a question, the courage to make a choice ...) because we only rely on our capacities,  we plan based on our reasoning, and we only consider our priorities.....We do not understand that we have to "overthrow" the way we think, see and do things: because first of all we have already been "found" by the Lord, and especially loved and "saved" by Him.

St. Luke continues to write: "Rolling up the scroll, he handed it back to the attendant and sat down, and the eyes of all in the synagogue looked intently at him. He said to them, 'Today this scripture passage is fulfilled in your hearing'.”

Certainly we need to be informed., properly briefed; we must read, pray and meditate the Word of God. But after all that, we then have to close the "book", "roll it up" as Jesus did, to put ourselves at the service of those who wait for their liberation and that have their eyes on us and expect from us a word of comfort, a clear stand on an issue, a gesture of hope, maybe even to break something...Let us remember what the Lord told us:  "Blessed are those who hear the word of God and observe it."

Today there are millions of children, women, entire peoples that are waiting for us and watching us. Thinking "smaller", there are so many people who expect a response from us in our daily lives - our neighbors, colleagues, family members and the many poor who are on the streets of our cities...It has been for too long time that our Western world, our homes, and sometimes even churches look like the community of Ezra described in the First Reading. A community that was closed to the external world in its self-sufficiency and forgot the needs of the poor. Many people are awaiting their liberation and keep their eyes on us. We, as Christians, what are we doing?

Our role as Christians is first of all to contribute to building a society that is "liberated". All of us are first of all baptized in the Holy Spirit Who frees the oppressed. We must feel the pressing urgency of this task, of this mission - the liberation of the poor, the oppressed and the marginalized.

sabato 23 gennaio 2016

Annunciamo e portiamo anche noi il "Vangelo" ai poveri


Omelia della III Domenica per Annum
Don Francesco Pesce

Quel sabato nella Sinagoga Gesù prese il il rotolo del profeta Isaia e - come dice il testo greco - trovo' quel passo dopo averlo cercato. Il verbo greco infatti è eurisko - da cui viene la ben nota esclamazione eureka! Gesù cioè sceglie un passo che probabilmente non era previsto si leggesse e che invece Lui cerca e trova apposta per leggerlo in quel momento.

Si tratta del capitolo 61 del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Qual è questo "vangelo" di cui ci parla Isaia a cui fa eco Gesù? Il "vangelo" che si attendono i poveri - i primi a cui ancora una volta questo lieto annuncio è rivolto - è la fine della povertà. I prigionieri attendono la libertà, i ciechi si aspettano di poter vedere, e gli oppressi di essere sollevati dai loro pesi. Nel mondo siamo testimoni, spesso piuttosto spettatori volenti o inermi, di tante forme di povertà (materiale, morale, spirituale), ingiustizie, prevaricazioni, disabilità, vulnerabilità.... Anche noi, nelle nostre vite, abbiamo le nostre povertà, siamo prigionieri di tante cose e siamo oppressi in qualche parte del nostro cuore. Ma, ci ha preannunciato Isaia e ci ha ricordato il Signore Gesù: "Coraggio, non temere, Egli viene a salvarti"(Is 35,4). E ancora ci dirà : "La verità vi farà liberi"(Gv 8,32). Quella salvezza, quella verità è proprio il Signore Gesù, che è il compimento della Scrittura, cioè il compimento del "lieto annuncio". 

E’importante allora per tutti noi avere la coscienza, avere la certezza che c’è un punto, un "stella polare" dove guardare; che camminiamo su un sentiero già tracciato e - come ci ricorda Isaia - "spianato" dal Signore, nel deserto, che sono a volte le nostre vite, le nostre società....Dobbiamo tenere lo sguardo fisso  su di Lui  e seguirlo, lasciandoci guidare dallo Spirito, certi che così non smarriremo la via. Molte volte noi cerchiamo ma non troviamo (la soluzione di quel tale problema, la risposta ad una certa domanda,il coraggio di fare una scelta...) proprio perchè prima che affidarci allo Spirito e distogliendo lo sguardo da Gesù, contiamo solo sulle nostre forze, pianifichiamo solo in base ai nostri calcoli, guardiamo solo alle nostre priorità... E non capiamo che dobbiamo "rovesciare" il nostro modo di pensare, vedere e fare le cose: perché prima di tutto siamo noi ad essere già stati trovati e soprattutto amati e "salvati".

Scrive ancora l'evangelista Luca: Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti, erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

Noi dobbiamo certamente essere informati, preparati, leggere, pregare e meditare la Parola di Dio, ma subito dopo abbiamo il dovere di chiudere il "libro", "arrotolarlo" come ha fatto Gesù, per metterci al servizio di quelli che aspettano la liberazione e che hanno gli occhi fissi su di noi e si attendono da noi una parola di conforto, una presa di posizione, un gesto di speranza, forse anche di rottura.... Ricordiamoci sempre di cosa ha detto il Signore: "beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica". Oggi sono milioni i bambini, le donne, i popoli interi che attendono e che ci guardano. E ragionando  più "in piccolo", ci sono tanti che si aspettano una risposta da noi nelle nostre vite - i nostri vicini, i colleghi, i familiari, i poveri che sono nelle strade delle nostre città... Da troppo tempo il nostro occidente, le nostre case, spesso anche le nostre chiese assomigliano alla comunità di Esdra descritta nella Prima Lettura, chiusa nella propria autosufficienza e dimentica dei bisogni dei poveri. In tanti attendono la liberazione e  tengono gli occhi fissi su di noi. E noi cristiani, che facciamo?      

Il nostro compito di cristiani è prima di tutto contribuire alla costruzione di una società liberata, noi prima di tutto siamo battezzati nello Spirito che libera gli oppressi e dobbiamo sentire forte l’urgenza di questo compito, di questa missione, la liberazione dei poveri, degli oppressi e degli emarginati.

domenica 17 gennaio 2016

“Migranti e rifugiati ci interpellano”

Oggi la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Per noi cristiani, l’accoglienza è un sacro dovere di ospitalità. Pensiamo ad Abramo, che accoglie i tre uomini alle Querce di Mamre (Gn 18,1-15), immagine della Trinità; pensiamo ancora che, praticando l’ospitalità, possiamo aver “accolto degli angeli senza saperlo” (Eb 13,1). Oggi sembra che la paura prenda il sopravvento – e si può in parte capire, vedendo quello che sta succedendo nel mondo. Il cristiano sa bene che la storia degli uomini è spesso una “povera” storia, fatta di sangue, di guerre, di paure, di egoismi, di chiusure, di muri e di fili spinati. Però al contempo crede che la storia è una storia della salvezza, guidata dalla Provvidenza, compiuta dal Bambino di Betlemme, anche Lui costretto a fuggire e cercare riparo in terra straniera. La politica cerca di affrontare questo “esodo biblico” dei nostri giorni, ma spesso rimane imbrigliata nelle logiche di destra o di sinistra. Come ci ricorda Don Primo Mazzolari, invece noi – specialmente i cristiani - dobbiamo guardare “in alto”, compiere passi coraggiosi e profetici di fraternità e costruire una pace non più fondata sulle armi, ma sul rispetto della dignità di ogni persona.




domenica 10 gennaio 2016

Misericordes sicut Pater

Perché il blog 

Significativamente e con grande gioia inauguriamo questo spazio di riflessione e condivisione nell'anno del Giubileo della Misericordia, che ci ricorda la profondità e la bellezza della nostra realtà di figli - amati e perdonati dal Padre. Come parte della comunità ecclesiale, anche con questo blog, desideriamo accompagnare “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi” (Gaudium et Spes, 1), "misericordiando" e mettendo al centro il Volto di Dio. Grati a Papa Francesco  e incoraggiati dal suo esempio, pensiamo che sia possibile e importante annunciare il Vangelo e testimoniare una "Chiesa in uscita" anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale e della rete. 

Significantly and with great joy we are opening this space for reflection and sharing in the Jubilee Year of Mercy, which reminds us of the depth and beauty of being children of God - loved and forgiven by the Lord, our Father. As part of the Church community, with this blog too, we wish to accompany "the joys and hopes, the grief and anguish of the people of our time" (Gaudium et Spes, 1), "using mercy" ("misericordiando") and by putting at the center of our life the face of God. Grateful to Pope Francis and encouraged by his example, we think it is possible and important to announce the Gospel and witness a "Church which goes forth" through social media and Internet.