domenica 13 marzo 2016

Nessuno ti condanna: va’ e non peccare più. Il Vangelo della misericordia

Oggi, nella V Domenica di Quaresima, la Liturgia propone il ben noto Vangelo dell’adultera riportato da Luca. Il Signore con  queste parole  passate alla storia del linguaggio comune - “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di Lei “ - ci invita con forza  a lasciar cadere le pietre della nostra presunzione e arroganza;  ci invita a ripudiare per sempre un dio cattivo che vuole spietatamente regolare i conti con il peccatore e non con il peccato;  ci invita a guardare alla uguale dignità di ogni essere umano, da qualunque parte provenga, in qualunque condizione sia, in qualunque stato di vita e anche se “macchiato” dal peccato. Non è forse un caso che Papa Francesco abbia scelto proprio questa domenica per distribuite in piazza San Pietro il Vangelo di Luca, definito il Vangelo della misericordia (le foto si riferiscono alla piazza stamattina durante l’Angelus e sono state scattate e gentilmente messe a disposizione del blog da uno dei volontari che distribuivano i vangeli). E’ infatti il Vangelo dove appare la frase “misericordes sicut Pater” – siate misericordiosi come il Padre - che il Papa ha scelto come motto dell’anno giubilare e noi abbiamo fatto nostra al lancio di questo blog (http://bit.ly/1LkJ6qP).


 



Questi farisei e scribi di ogni tempo nel delirio del proprio potere e nella cecità del loro proprio peccato, vorrebbero anche Dio dalla loro parte. Un dio che invece di cancellare, redimere il peccato, punisce inesorabilmente il peccatore; un dio che chiude gli occhi di fronte all’ipocrisia dei lapidatori o che peggio viene tirato in ballo per legittimare l’atto di violenza contro la donna inerme, cui non è stata data neanche la possibilità di difendersi, di essere ascoltata.

Gesù invece smaschera la loro ipocrisia. Uno dopo l’altro, partendo dagli anziani, se ne vanno inchiodati dalla Parola di Gesù, che con la sua misericordia solleva ogni miseria. “Neanche io ti condanno, va’ e d’ora in poi non  peccare più”. Il Signore invita ognuno di noi a uscire da un passato che ci schiaccia e ci imprigiona; ci invita a superare i sensi di colpa per proiettarci con slancio verso un futuro che è tutto nelle mani del Padre buono, Che  vuole che nessuno di noi vada perduto.

Questa donna del Vangelo senza nome buttata per terra molto probabilmente terrorizzata è piena di vergogna è anche segno eloquente delle tante donne violentate dalla prepotenza degli uomini, scribi e farisei di ogni tempo, che le sfruttano,  le usano e poi le gettano via. Calpestate nella loro dignità, integrita’ e libertà. Gli uomini dovrebbero per primi fare mea culpa e sentire forte il grido di dolore e di desiderio di riscatto delle tante donne maltrattate e violentate, spesso bambine o giovani ragazze. E anche la Chiesa – ai livelli più alti, perché tante iniziative vengono portate avanti da ordini religiosi e varie opere di carità - dovrebbe denunciare di più questo crimine orrendo, della violenza contro la donna.

Questo è uno dei brani del Vangelo più belli, ma come spiegava qualche giorno fa Enzo Bianchi in un incontro tenuto a Roma alla chiesa della Traspontina, un testo che ha suscitato imbarazzo e scandalo nella Chiesa primitiva. Riportiamo qui alcuni punti di questa lectio divina di straordinaria profondità e intensità tenuta dal Priore di Bose e che consigliamo di leggere per intero sul sito dell’Osservatore Romano (http://bit.ly/1TGbCGa).

La legge prevedeva che entrambi gli adulteri fossero puniti. Invece conducono per condannarla solo la donna. L’oppressione della donna inizia da molto lontano e ancora oggi è perpetrata nel mondo. In realtà la donna è solo un pretesto per mettere in trappola Gesù e accusarlo di tradire la legge. 

Sul significato del gesto di Gesù di “scrivere col dito per terra” vi sono state moltissime interpretazioni. Secondo San Girolamo, Gesù scriveva i peccati degli accusatori della donna. E’ significativo che il riferimento al “dito” che scrive rimandi al brano della Bibbia in cui Mose’ scrive le Tavole dalla Legge, le “Dieci Parole”, appunto col dito di Dio. Mose’ spacca le pietre su cui la Legge era stata scritta quando scende dal monte e scopre che il popolo ha tradito Dio e si e’ fatto un vitello d’oro. Ma Dio riscrive la Legge su nuove tavole. Questo significa che il Signore non lascia che ci perdiamo nel nostro peccato, ci da’ ancora una possibilità dopo che abbiamo infranto i Suoi insegnamenti, crea in noi un cuore di carne e non più un cuore di pietra, affinché osserviamo i Suoi comandamenti.

Il solo che era senza peccato – Gesù – e che eventualmente era nella posizione di giudicare la donna è anche l’unico che non la condanna. Noi spesso vorremmo un mondo diviso tra buoni da una parte e cattivi dall’altra. Invece Gesù qui ci vuole dire che nessuno e’ senza peccato, soprattutto gli “anziani”, perché contrariamente a quanto si pensa, più passano gli anni, più i peccato aumentano – e infatti sono gli anziani ad andare via per primi. 

Ci si aspettava che Gesù almeno rimproverasse la donna, invece la lascia andare – da qui l’imbarazzo della Chiesa primitiva nei confronti di questo racconto evangelico. Al contrario le restituisce dignità, la considera nuovamente per quella che è – persona – e non la identifica più col suo peccato. La chiama "donna", usando la stessa espressione usata per la Madre e per la Maddalena, quindi con grande senso di rispetto. Anche noi cristiani abbiamo innestato un meccanismo perverso di “delitto e castigo”. Gesù qui rovescia la prospettiva e contraddice questa logica, perché Dio non solo perdona, ma cancella e dimentica i peccati. Noi umanamente possiamo perdonare il male ricevuto, ma non lo dimentichiamo – una prerogativa che rimane di Dio. Il perdono di Dio precede il nostro pentimento, e’ giustizia giustificante, rende giusti, e’ – cioè – misericordia. Non c’e’ conflitto, contraddizione come spesso si pensa tra giustizia e misericordia. Se non capiamo e viviamo la misericordia, possiamo anche essere “religiosi”, ma non siamo “cristiani”. 

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