sabato 13 febbraio 2016

L'unità si fa camminando

Lo storico incontro e l'abbraccio tra Francesco e Kirill

Si sono incontrati in un aeroporto, luogo di arrivo e di partenza; la storia oggi e’ arrivata ad una vetta solo poco tempo fa insperata, e ora continua a viaggiare verso nuovi destini. Poco importa se tutto ancora non e’ chiaro, se bisogna ancora molto parlarsi; si sono incontrati e questo, dopo secoli di silenzi e incomprensioni, basta. Basta per chiudere per sempre una pagina sbagliata e spesso drammatica; basta per dire, alle religioni e al mondo, che e’ possibile ricominciare, si puo’ fare realmente una cosa nuova, che non parta piu’ da quello che hanno fatto prima a te, ma una cosa nuova, che solo lo Spirito sa fare. “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada”(Is 43,19).

Si sono abbracciati e hanno parlato per due ore, con franchezza ha detto Francesco, con ampiezza di contenuti sottolinea Kirill. I volti sereni e sorridenti mostrano che il desiderio della riconciliazione e dell’unita’ e’ sincero e orientato verso “iniziative” concrete realizzabili insieme. L’incontro stesso e’ gia’ programma e una realizzazione insieme, una Speranza che gia’ non delude, un "gesto di carità" basato sulla comune fede in Cristo.

Alla fine del colloquio, Papa Francesco e il Patriarca Kirill hanno firmato una Dichiarazione congiunta, che e’ stata limata fino all’ultimo e questo ne sottolinea l’importanza. Dice il Papa durante il volo per Cuba con finale destinazione in Messico dopo la tappa per questo storico incontro: “Non è una dichiarazione politica, non è una dichiarazione sociologica, è una dichiarazione pastorale, incluso quando si parla del secolarismo e di cose chiare, della manipolazione biogenetica e di tutte queste cose. Ma è ‘pastorale’: di due vescovi che si sono incontrati con preoccupazione pastorale”. La scelta “pastorale” della dichiarazione fa intendere come questa sara’ la strada principale da percorrere nel cammino insieme. Nel testo si parla fra l’altro delle comuni radici; c’e’ un appello per chiedere “alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente”; si constata che le società sono  secolarizzate e che la famiglia e’ in crisi. Estesa è particolarmente degna di rilievo la parte riguardante la crisi ucraina e il problema dei cosiddetti “Uniati”.

Indubbiamente questo incontro e’ stato  anche un ritorno alle origini. La Chiesa apostolica sapeva che lo Spirito che le era dato non le chiedeva di guardare indietro, ma di fare sempre cose nuove. Cosa dice  oggi a noi la Chiesa delle origini? Lo Spirito non è un testamento da eseguire, il Vangelo non è uno scritto da ricopiare. Oggi come allora la Chiesa della Pentecoste  ha  il coraggio di accogliere nel suo seno i non-circoncisi; la saggezza di scegliere i "sette" per rispondere ai primi bisogni “degli orfani e delle vedove” nell’esercizio della carità; osa mettere per iscritto la buona novella che circolava fino a quel momento solo oralmente. Nel corso dei secoli, la Chiesa ha saputo confrontarsi con il mondo e compiere scelte controcorrente, inaspettate, spesso non comprese immediatamente anche al suo interno, che spesso hanno anche causato divisioni. Ma il Signore ci rassicura che i frutti si riconoscono dall’albero, pertanto non dobbiamo avere paura di essere un segno di contraddizione. 

I cristiani di oggi come quelli di ieri sanno che lo Spirito li chiama verso cose nuove. La Chiesa non può essere un cantiere chiuso; se il  soffio dello Spirito è rinchiuso negli otri delle immutabili tradizioni, se si è solo  guardiani del passato, quale Pasqua possiamo festeggiare? Quale Pentecoste possiamo attendere? Dobbiamo arrivare ad  essere prima di ogni altra cosa degli uomini uniti nello stesso battesimo, fra gli altri uomini, come Gesù che fece la fila con tutti gli altri per farsi battezzare. Si mise in fila, non ebbe nemmeno il primo posto, fu ultimo fra gli uomini. E per questo Dio disse: "Ecco il mio Figlio prediletto". Solo se saremo servitori gli uni degli altri  in mezzo al mondo, questa voce sarà anche per noi: “Ecco la mia chiesa  prediletta”.

Francesco Vescovo di Roma Papa della Chiesa Cattolica e Kirill Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, come si firmano nella Dichiarazione, non propongono  una Santa Alleanza, ma camminano insieme verso l’unita’, cosi’ come la vorra’ lo Spirito. L’unita’ si fa camminando, sottolinea il Papa.

Il Dio  di Gesu’ Cristo e’ il Dio dei cammini; percorriamo anche noi, ciascuno nella propria storia personale, il cammino ecumenico. Guardiamo oltre le difficolta’ e le incomprensioni. “Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb12,1-2).

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