sabato 27 febbraio 2016

Il male: peccato, castigo o necessità di conversione?

Omelia della III Domenica di Quaresima
Don Francesco Pesce 

Due fatti di cronaca molto conosciuti (una rivolta di zeloti e la caduta di una torre, il cui basamento è visibile ancora oggi, in un quartiere di Gerusalemme chiamato Siloe) servono a Gesù per scardinare definitivamente  il nesso causale che ancora si credeva esistente tra il castigo di Dio  e  i peccati degli uomini.

Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico”.

Gesù nega decisamente ogni rapporto  tra i peccati, le disgrazie e i castighi di Dio. Tuttavia, con la stessa decisione afferma: “Ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.” Il Signore ci chiama a conversione, cioe' a cambiare strada, rotta, a riorientare la nostra vita, piuttosto che ad avventurarci in superstizioni e millenarismi inutili e dannosi. Di nuovo vi incoraggio, in particolare in questo tempo di Quaresima, tempo favorevole: "Lasciatevi riconciliare con Dio!". 

Come il Signore ha detto chiaramente, il male non viene dall'esterno, viene da dentro di noi. Questo vuol dire che il peccato si compie nel nostro cuore e noi siamo più o meno responsabili di esso (a seconda delle circostanze, della consapevolezza del nostro agire, ecc.) ed è spesso la causa o una delle cause della nostra e altrui infelicita', del male che ci colpisce in prima persona o colpisce gli altri. Ecco cosa voleva dire il Signore, quando ci ammonisce a convertirci. Ci sta dicendo che se sono egoista, individualista o peggio ancora "corrotto" - come denuncia spesso Papa Francesco - mi faccio del male ma faccio del male anche agli altri. A chi mi sta vicino, alla società, al mondo....

Ci vuole - potremmo dire - una vera e urgente conversione personale e sociale, una riorganizzazione della vita comune, poiché si produce da una parte generando enormi ricchezze per pochi, e dall’altra terribili povertà per molti. Sono urgenti una conversione verso il bene di tutti, senza esclusione di nessuno, e un rapporto nuovo con il denaro e la natura. Dobbiamo in definitiva rispondere alla nostra originaria vocazione di uomini che vivono in armonia tra di loro con il creato e con Dio.

Il Dio di Abramo, di Mosè, rivelato in pienezza in Gesù Cristo, ha avuto pietà degli oppressi, ha ascoltato il grido dei poveri  e come ci ricorda la Prima Lettura di oggi, ha mandato  Mosè a liberare il suo popolo. La conversione è anche farsi alleati degli oppressi e contribuire alla loro liberazione. Non c’è pace senza giustizia. Non è uno slogan, ma uno dei fondamenti del Vangelo e un pilastro della Dottrina Sociale della Chiesa.

Come dicono esperti in vari settori al livello internazionale e come vediamo nella nostra esperienza pastorale, di educatori, di genitori, di tanti che cercano di dare una testimonianza cristiana nella società, siamo ormai a un punto senza ritorno. Siamo un po' come l’albero di fichi ricordato dal Vangelo, alla cui base il padrone ha già posto l’ascia e  che deve essere tagliato. Per la misericordia di Dio però ci è concesso un tempo supplementare, affinché ciascuno di noi abbia la chance di un sussulto di dignità e contribuire a far ripartire una nuova umanità. “Padrone lascialo ancora questo anno finchè gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime.Vedremo se porterà frutto per l’avvenire, se no lo taglierai!”

Ricordiamo Giovanni Battista che  aveva detto: “Ogni albero che non porta buon frutto sarà tagliato e buttato nel fuoco”.  Gesù invece davanti a noi, al nostro peccato, al nostro egoismo, davanti alla natura violentata dall’uomo, offre ancora nuovo tempo per portare  frutto e ci aiuta come un umile contadino, curvandosi verso ognuno di noi.



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